Da martedì alla Pergola in scena 
Alessandro Haber e Alessio Boni con Il visitatore, una commovente, dolce 
ed esilarante pièce di Éric-Emmanuel Schmitt, tradotta in 15 lingue e 
rappresentata in oltre 25 paesi. Una partita a scacchi fatta di parole e 
schermaglie tra Freud e un forestiero, forse Dio in persona, alle soglie della 
Seconda Guerra Mondiale. Una commedia intelligentemente leggera, che fa 
sorridere ponendo quesiti seri, esistenziali, che ci riguardano tutti da vicino. 
Traduzione, adattamento e regia sono di Valerio Binasco.
Giovedì 26 febbraio, ore 18, Alessandro Haber, Alessio Boni e la Compagnia incontrano il pubblico. Coordinano Riccardo Ventrella e Pietro Bartolini, Direttore dell’Accademia Teatrale di Firenze. Ingresso libero.
Le parole sono importanti ed 
Éric-Emmanuel Schmitt, drammaturgo-scrittore-sceneggiatore belga di origine 
franco-irlandese naturalizzato parigino, i cui romanzi hanno venduto oltre 10 
milioni di copie in 50 paesi, sembra coltivare la speranza che quando gli uomini 
si incontrano e si parlano possono, forse, riuscire a capirsi. Alessandro Haber 
e Alessio Boni, già insieme in Art di Yasmina Reza, si interrogano, 
confrontano e scontrano interpretando, rispettivamente, Freud e un misterioso 
visitatore, il Padre della Psicanalisi e l’incarnazione, chissà, 
dell’Onnipotente. Al suo debutto in Francia nel 1993 Il visitatore si 
meritò tre Premi Molière (Rivelazione teatrale, Miglior autore, Miglior 
spettacolo di teatro privato). Da allora la pièce è stata tradotta in 15 lingue 
e rappresentata in oltre 25 paesi. In Italia si ricorda l’allestimento di 
Antonio Calenda, con Turi Ferro nei panni ‘pirandelliani’ dello studioso e Kim 
Rossi Stuart nel ruolo di un neutrale Creatore. Ora la forza del testo che il 
regista Valerio Binasco mette in risalto è quella di affrontare temi grandi, 
‘ultimi’, con una scrittura fresca, diretta, animata da una divorante vitalità e 
un pizzico di humour.
“Schmitt non ha timore di riportare in 
teatro argomenti di discussione importanti come la religione, la storia, il 
senso della vita, eliminando qualsiasi enfasi filosofica”, ha scritto Binasco, 
“Il visitatore è una rara commedia per attori, a patto che siano come 
Alessandro Haber e Alessio Boni, capaci cioè di sprofondare totalmente 
nell’umanità fragile dei loro personaggi e di evitare le insidie della 
retorica.”
La vicenda si svolge nell’aprile del 
1938. L’Austria è stata da poco annessa al Terzo Reich, Vienna è occupata dai 
nazisti e gli ebrei vengono perseguitati in ogni angolo della città. Nel suo 
studio in Bergstrasse 19 Sigmund Freud, vecchio e malato da anni di cancro alla 
gola (morirà l’anno dopo a Londra), attende con ansia notizie della figlia 
Anna (Nicoletta Robello 
Bracciforti), portata via dalla Gestapo. Un tempo scandito da una solitudine 
angosciante finché dalla finestra non spunta un inaspettato visitatore, che fin 
dalle prime battute appare intenzionato a intraprendere una discussione alta, 
impegnata e impegnativa. Alessandro Haber assume con infinita e umana varietà le 
patologie dell’82enne indagatore dell’inconscio, con una voce roca e tenue, una 
camminata a passetti, un aspetto di genio ebreo ormai pressoché detenuto nel suo 
studio quanto fermo nella sue convinzioni.
“Sono un attore che ama la verità”, 
commenta Haber, “non mi piace recitare, piuttosto cerco di vivere appieno il 
ruolo che mi è stato affidato. Non mi risparmio mai: arrivo in fondo allo 
spettacolo che ho cambiato voce, passo, identità. Essere il Freud descritto da 
Schmitt mi travolge e sconquassa: ha cercato per tutta la vita di curare la 
psiche dell’uomo e ora improvvisamente appare davanti a lui un barbone, che 
potrebbe essere Dio, e che forse incarna proprio il suo 
doppio.”
Infatti, Alessio Boni è indotto da 
Binasco a ignorare la flemma dandy concepita per la sua figura da Schmitt, in 
favore di una presenza nomade, apolide, accuratamente grezza, personificazione 
mai dichiarata dell’Assoluto, ma più volte allusa. Oppure è più semplicemente un 
pazzo che si crede Dio? 
“Nel testo originale il mio 
personaggio entra indossando un frac, il cilindro, il bastone e il mantello”, 
dice Boni, “una figura molto raffinata e benestante, che si scontra con un 
aristocratico dall’alto intelletto come Freud. Nel nostro spettacolo Dio diventa 
la persona socialmente più bassa, un disadattato, un clochard, un folle … si 
assiste così a una trasversalità: si parte dal basso fino ad arrivare al massimo 
livello rappresentato da Freud, che era uno psicanalista ed aveva continuamente 
a che fare con i pazzi. Questa scelta, a mio avviso, è vincente: per esempio, 
anche Shakespeare nell’Amleto parte dal basso – due becchini che parlano 
di un teschio – per poi arrivare ai dubbi e alla poesia sublime dell’essere o 
non essere.”
Freud gli crede, ma al tempo stesso 
non gli crede. Del resto, Dio non è disposto a dare dimostrazione di sé come 
fosse un mago o un prestigiatore. Si procede per dialoghi brevi o scambi 
assiomatici, la discussione lascia presto spazio a impressionanti manifestazioni 
della preveggenza del misterioso ospite. L’intelletto smanioso di Freud, la sua 
diffidenza atea, la sua riprovazione contro un’entità dello spirito che non 
frena il male devono fare i conti con l’amore, la tenerezza, l’armonia 
interiore, la consapevolezza di Dio. I due ‘lottano’ fino alla 
fine.
“Dio ha preso il corpo di un uomo, 
casualmente si è vestito così e va a parlare con Freud”, prosegue Alessio Boni, 
“questa antitesi rappresentata in scena da me e da Alessandro Haber crea come 
uno scontro tra due gladiatori, è il presupposto perché si affronti il tema del 
bene e del male, del coraggio e dell’etica, perché si parli, più in generale, 
dell’essere umano.”
Una discussione ogni tanto interrotta 
dalla presenza di un ufficiale della Gestapo (Alessandro Tedeschi), scenografata 
con visionarie pareti da Carlo De Marino, modellata con i costumi di Sandra 
Cardini, sonorizzata da Arturo 
Annecchino e illuminata da Umile Vainieri. Alessandro Haber e Alessio Boni 
giocano quindi a contrapporsi come le due facce opposte della vita, la 
conoscenza e il mistero. 
“Cerco sempre di non deludere il 
pubblico e di impegnarmi in cose che abbiano un senso”, conclude Haber, “bisogna 
uscire dal teatro con la voglia di pensare. Ogni spettacolo per me non è mai 
solo uno svago.”
Interviste ad 
Alessandro Haber e Alessio Boni
di Angela Consagra 
tratte da ‘Pergola in sala’
Alessandro 
Haber
Come si è avvicinato a Éric-Emmanuel 
Schmitt?
“Sinceramente non lo conoscevo. Un 
paio di anni fa, mentre ero in tournée, mi è arrivata una telefonata in cui mi 
hanno offerto di interpretare questo testo. Leggendo le parole di Schmitt ho 
capito subito che si trattava di un materiale interessante e forte. Mi ha 
incuriosito perché l’impressione è stata quella di avere a che fare con parole 
potenti, anche se non ero ancora penetrato pienamente nell’essenza, così 
delicata e profonda, di questo testo. Quando si affronta un autore contemporaneo 
bisogna mettersi sempre alla prova e io adoro le sfide. Sono felice di 
condividere la scena con Alessio Boni perché sono anni (già con lo spettacolo 
Art) che viaggiamo insieme in tournée. Lo stimo molto, sia come uomo che 
come essere umano. E poi Valerio Binasco è stato un regista magnifico: ama gli 
attori, essendo lui stesso un attore, e oltre a dirigere ha accettato anche 
delle mie proposte interpretative. L’argomento dello spettacolo è vicino al 
pubblico perché sono domande, legate al senso della nostra esistenza, che 
toccano tutti noi.”
Che personaggio è il Freud che 
impersona sulla scena?
“Sono un attore che ama la verità: non 
mi piace recitare, piuttosto cerco di vivere appieno il ruolo che mi è stato 
affidato. Non mi risparmio mai: arrivo in fondo allo spettacolo che ho cambiato 
voce, passo, identità. Essere il Freud descritto da Schmitt mi travolge e 
sconquassa. Ci troviamo nel ’38 – nel periodo delle leggi razziali – e Freud ha 
un cancro alla gola, da lì a poco morirà. Ha cercato per tutta la vita di curare 
la psiche dell’uomo e ora, improvvisamente, appare davanti a lui un barbone, che 
potrebbe essere Dio, e che forse incarna proprio il suo doppio. Si assiste ad un 
incontro-scontro dove alla fine nessuno vince. Le domande del testo rimangono 
insolvibili: il mistero della vita e della morte, la conoscenza del male e del 
bene…”
Qual è la forza di questo 
spettacolo?
“È tutta nello scontro tra questi due 
personaggi, così come nella bravura degli altri interpreti: Nicoletta Robello 
Bracciforti, che sulla scena è mia figlia Anna, e il giovane Alessandro 
Tedeschi. Cerco sempre di non deludere il pubblico e di impegnarmi in cose che 
abbiano un senso: bisogna uscire dal teatro con la voglia di pensare. Ogni 
spettacolo per me non è mai solo uno svago.”
Alessio 
Boni
Come si è avvicinato a Éric-Emmanuel 
Schmitt?
“Quando arriva la proposta di un nuovo 
progetto prendo in considerazione non solo il personaggio da interpretare, ma 
valuto tanti aspetti come, per esempio, gli altri attori e il regista con cui 
dovrò confrontarmi. In questo caso Valerio Binasco è una persona che stimo 
molto, sia come attore che come regista, ed è stato un valore aggiunto per la 
scelta di questo lavoro. Schmitt ha scritto Il visitatore nel ’93 e ha 
preso le due massime antitesi, da una parte la fede estrema – forse addirittura 
Dio – e il massimo dell’ateismo dall’altra, il personaggio di Freud. Mette 
questi opposti sul palcoscenico e fa in modo che dialoghino. Nel testo originale 
il mio personaggio entra indossando un frac, il cilindro, il bastone e il 
mantello: una figura molto raffinata e benestante, che si scontra con un 
aristocratico dall’alto intelletto come Freud. Lui presta attenzione a questo 
strano individuo perché gli si presenta davanti un signore benestante e di una 
certa classe. Il regista Binasco, come prima cosa, mi ha detto di scardinare 
proprio questo aspetto: nel nostro spettacolo Dio diventa la persona socialmente 
più bassa, un disadattato, un clochard, un folle… si assiste così a una 
trasversalità: si parte dal basso fino ad arrivare al massimo livello 
rappresentato da Freud, che era uno psicanalista ed aveva continuamente a che 
fare con i pazzi. Questa scelta, a mio avviso, è vincente: per esempio, anche 
Shakespeare nell’Amleto parte dal basso – due becchini che parlano di un 
teschio – per poi arrivare ai dubbi e alla poesia sublime dell’essere o non 
essere. Sono autori lontani nel tempo ma che ci arrivano chiaramente perché 
parlano ancora al cuore dell’uomo.”
Che Dio è quello che impersona sulla 
scena?
“Dio ha preso il corpo di un uomo, 
casualmente si è vestito così e va a parlare con Freud. Questa antitesi, 
rappresentata in scena da me e da Alessandro Haber, crea come uno scontro tra 
due gladiatori, è il presupposto perché si affronti il tema del bene e del male, 
del coraggio e dell’etica, perché si parli, più in generale, dell’essere umano. 
Quando la Gestapo – il testo è ambientato a Vienna nel ’38, nel bel mezzo del 
Terzo Reich e delle leggi razziali – porta via la figlia di Freud avviene una 
specie di ribaltamento: uno dei più grandi intellettuali del mondo, il padre 
della psicanalisi e che ha scritto interi tomi affermando che Dio non esiste, 
crolla e si confronta con questa figura che viene a trovarlo. Chi sarà realmente 
il mio personaggio? Una proiezione della mente di Freud oppure il vero Dio che 
scende sulla Terra e vuole dialogare con il massimo dei non credenti … non si 
sa, ma non è importante. L’importante è ciò che accade in scena, cioè la disputa 
tra due uomini pensanti.”
BIGLIETTI 
Prezzi
INTERI
€ 32,00 PLATEA ● € 
24,00 PALCHI ● € 16,00 GALLERIA
Ridotti (escluso 
domenica)
OVER 
60
€ 28,00 PLATEA ● € 
20,00 PALCO ● € 14,00 GALLERIA
UNDER 
26
€ 20,00 PLATEA ● € 
16,00 PALCO ● € 12,00 GALLERIA 
SOCI UNICOOP FIRENZE 
(martedì e mercoledì)
€ 25,00 PLATEA ● € 
18,00 PALCHI ● € 13,00 GALLERIA
BIGLIETTERIA
Teatro della Pergola, 
via della Pergola 18, 055.0763333 biglietteria@teatrodellapergola.com. 
Orario: dal lunedì al 
sabato dalle 9.30 alle 18.30. 
Online su www.teatrodellapergola.com e tramite la App del Teatro della 
Pergola.
Circuito regionale 
Boxoffice.
Nicoletta Curradi







