sabato 4 luglio 2009

Il mondo contadino rivive in una mostra a Seravezza (LU)



E' aperta dal 4 luglio al 29 settembre nelle splendide sale rinascimentali del Palazzo Mediceo di Seravezza (Lucca), la mostra “Cultura della terra in Toscana, mezzadri e coltivatori diretti nell’arte dell’Ottocento e Novecento” promossa dal Comune di Seravezza Assessorato alla Cultura e curata da Enrico Dei in collaborazione con Andrea Baldinotti. Una esposizione che presenta più di 100 opere tra quadri, sculture e disegni, con l'intento di raccontare la campagna italiana, e in particolare quella toscana, nel secondo Ottocento e primo Novecento contraddistinta dalla mezzadria, un termine che deriva dal tardo latino e che indica “Colui che divide a metà”. I 90 quadri esposti sono di grandi artisti come Fattori, De Grada, Guidi, Ferroni, Soffici, Viani, Vagaggini, Rosai, Lega e tanti altri, e raccontano in modo diverso e talvolta antitetico la campagna rurale illustrando la vita, i costumi e le abitudini delle popolazioni in diversi, talora conflittuali, filoni iconografici. Tra questi si possono ammirare due capolavori ritrovati; “Le ultime vangate” di Angiolo Tommasi, imponente opera post macchiaiola (oltre due metri per tre) del 1892 che chiude un’epoca. Quadro di cui si erano perse le tracce dal 1927 e di proprietà della Cassa di Risparmio di Firenze. C’è poi il naturalismo di Egisto Ferroni con “Ritorno dalla Fiera” del 1863, anche questo ritrovato dopo decenni. Il percorso espositivo, ricco e suggestivo, si snoda partendo dai “macchiaioli” fino ad attraversare la crisi di questo movimento e l’approdo alla pittura naturalistica, finalizzato a descrivere oggettivamente, in tele spesso di grandi dimensioni, la vita delle classi rurali in tono rassicurante. Ma a partire dell’ultimo decennio del secolo si fa sempre più strada una tendenza alternativa, intenzionata a denunciare le condizioni di miseria e di sfruttamento. Si pensi ad esempio alla monumentale tela di Niccolò Cannicci “Inverno triste” del 1899 in cui l’autore alza il proprio sguardo commosso su una giovane guardiana di pecore intenta ad allattare il suo bambino. Questo anche in una situazione sociale tutto sommato “favorevole” come quella toscana, dove il sistema economico fondato sui principi della mezzadria aveva consentito condizioni di vita certamente migliori rispetto alla media nazionale. La parte centrale dell’esposizione è dedicata ai principali momenti della vita quotidiana delle campagne: le feste campestri, i battesimi, i matrimoni, i funerali, le occasioni di religiosità, gli strumenti e i diversi momenti del lavoro nei campi, gli animali e i paesaggi rurali. E in questa sezione incontriamo, tra gli altri, artisti come Giovanni Fattori con il capolavoro “Casa colonica con la Porta Rossa” (1862), Raffaele De Grada con “La fuga in Egitto” (1920) e Memo Vagaggini con il suo attaccamento alla tradizione con “Traghetto in Maremma” (1939). Poi due autori che hanno rappresentato il rinnovamento nella pittura italiana della prima metà del Novecento. Lorenzo Viani con il suo espressionismo rappresentato da “La tosatura delle pecore” (1927- 28) e “Campagna versiliese e contadina” (1905 – 1907), e Ardengo Soffici con “La potatura” (1907) e “Contadini” (1928), un’artista ormai fautore di una pittura di respiro europeo. Si arriva infine al ritorno di quello che viene considerato “l’ordine formale per superare la stanchezza delle elaborazioni mentali”, rappresentato da Baccio Maria Bacci con “La madre” (1921). Una parte della mostra riguarda l’iconografia statuaria grazie ad artisti come Ugo Guidi, Quinto Martini e Libero Andreotti. “Si tratta di un viaggio nella mezzadria e nel mondo contadino attraverso stili diversi che vanno dalla macchia, al naturalismo fino all’espressionismo – ha spiegato il curatore Enrico Dei – ma il filo conduttore che lega tutti questi artisti è la sensibilità verso il lato umano e lo sforzo, tipico dell’arte toscana di quel periodo, per dare dignità ai personaggi che sono raffigurati nelle opere. Un'altra novità è la rivalutazione di un certo tipo di scultura lontana dai canoni di quella di tipo monumentale più in voga oggi”. “Una mostra che mette l’uomo al centro del territorio e del lavoro – ha sottolineato il sindaco di Seravezza Ettore Neri – e che rappresenta per noi una scelta artistica e culturale importante su un tema che segue l’indicazione della Regione Toscana che mira alla riscoperta dei valori popolari e quindi delle nostre radici”. La mostra è stata realizzata grazie al contributo e i patrocini di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Regione Toscana, Provincia di Lucca, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, Banca di Credito Cooperativo della Versilia e della Lunigiana, Henraux e Coldiretti. Sarà aperta nel Palazzo Mediceo di Seravezza (Lu), Via del Palazzo, 358, tutti i giorni dal 5 luglio al 29 settembre con orario dalle 10 alle 13, dalle 17 alle 23. Costo del biglietto 5 euro intero e 3 euro ridotto.

Informazioni: Ufficio Cultura del Comune di Seravezza, tel.0584.756100, web: www.palazzomediceo.com; e-mail: palazzomediceo@comune.seravezza.lucca.it

Nicoletta Curradi

Nessun commento:

Posta un commento