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lunedì 20 dicembre 2010
"Il presepe del futuro alla Fabbrica Pampaloni
Il presepe del futuro
Presso Fabbrica Pampaloni dal 20 dicembre a febbraio 20
L’artigianato diventerà un presepe, la fabbrica un luogo visitabile (a pagamento?),
dove gli operai, intenti alle sapienti lavorazioni, daranno l’impressione di
compiere i soliti gesti ripetuti meccanicamente. Un teatrino dell’assurdo,
costruito in contropiede per i turisti, e nella mensa aziendale i visitatori
potranno ricevere, se lo vorranno, una ciotola fumante di zuppa.
Ma è solo una messa in scena. In realtà gli operai spremono con la loro fatica,
la naturale attitudine di mettersi in discussione ed entusiasmarsi di fronte
a un progetto nuovo, per sentirsi parte di un processo di cambiamento,
avvertito come irrinunciabile nei confronti del mondo.
Lo show-room non esisterà in quanto tale, ma sarà mischiato con la
fabbrica stessa. Gli spazi saranno delimitati da imponenti vetrine ottocentesche
illuminate, e si potrà vedere attraverso, scorgendo gli argentei bagliori degli oggetti
insieme con la calda staticità delle forme in legno o in rame.
E al di là una serie di ombre in movimento, gli operai, che, con gesti rituali
e virtuali plasmeranno le invenzioni, destinate ad arricchire le nostre case e le
nostre tavole. La fabbrica come luogo dell’anima, in cui entrare con rispetto
e riverenza, per farsi coinvolgere in un viaggio da macchina del tempo.
La dimensione è quella, tante volte invocata, della ricerca, materiale e spirituale,
una ricerca pura, lontano dalle pur necessarie esigenze commerciali
della globalizzazione, per proporre la propria ‘firma’, a dimostrazione
di quel che c’è dietro, un back-stage che tutti vorrebbero frequentare.
Un mondo di abilità e perizia mille volte più complesso e sorprendente,
da quello delle aspettative di massa, a patto che ciascuno di noi fosse
disposto a rischiare intellettualmente e con il cuore, qualcosina in più.
Passato, presente e futuro si fondono senza rinnegare nulla, a parte
la selezione naturale e darwiniana, per cui certi argenti diventano
mitici e altri meno. Ma la distanza, lo scarto sono minimi. Tutto è
possibile. Siamo noi tutti alla fine a decretare in quale cazzo di mondo,
e non sempre è il migliore a nostra disposizione, vogliamo vivere.
La fabbrica diventa così un luogo senza tempo, dove il nonno, il padre
e il figlio, si rincorrono senza sosta, ciascuno testimoniando la propria
epoca con disegni, forme, idee. Non si butta via niente nella metafora
della buona cucina e tutto serve, è servito, servirà a qualcosa.
Dìn dòn, dìn dòn, sembrano battere con le ore le fucine metalliche,
al disperato inseguimento della propria e dell’altrui immortalità,
simboleggiate dalla bellezza immune dal calcolo sempre presente
della convenienza. Alla faccia del lusso democratico ipocrita e
rassicurante, qui il lusso diventa lussuria baudelairiana, riflesso
incondizionato delle esperidi, delle atlantidi mitologiche, che si
esprimono ammiccanti con le facce degli operai, neo-realistiche
e sottilmente ironiche.
Fabrizio Del Bimbo
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