La presentazione viene fatta dal professor Carlo Sisi oggi venerdì 6 dicembre alle ore 17.30
a Palazzo Incontri (Via dei Pucci 1) di Firenze
a Palazzo Incontri (Via dei Pucci 1) di Firenze
Questa opera è un prezioso contributo agli studi sulla storia del collezionismo la monumentale ricerca di Martina Ingendaay, <>. I Marchesi Gerini mecenati e collezionisti
nella Firenze barocca. Il Palazzo e la Galleria 1600-1825 (Biblion
Edizioni, Milano 2013). In due volumi per complessive 700 pagine, che
hanno richiesto anni di lavoro, l’autrice apre una inedita finestra
sulla vocazione collezionistica di alcuni componenti di questa famiglia e
dipinge un affresco che abbraccia 150 anni di mutazioni politiche e
culturali della Toscana prima granducale e poi avviata al riformismo
illuminista col governo dei Lorena.
L’intera
opera sarà presentata, col sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di
Firenze, oggi venerdì 6 dicembre alle ore 17.30 a Palazzo Incontri (Via dei
Pucci 1) alla presenza dell’autrice e del professore Carlo Sisi.
Interverranno gli studiosi Liliana Barroero, Enrica Neri, Stella
Rudolph, Marco Chiarini, Sergio Benedetti, Ettore Spalletti.
L’ascesa
della famiglia Gerini, originaria della Val di Sieve, avvenne
soprattutto nel Seicento e trova eloquente testimonianza nell’acquisto,
nel 1650, di un palazzo rappresentativo in via Ricasoli, a pochi passi
dal Duomo, abitato ancora dalla famiglia ed in parte adibito a uffici, e
di importanti dimore di campagna. Molteplici le ragioni della fama
conquistata dai Gerini nel campo delle promozioni delle arti e per le
diverse forme di mecenatismo da loro praticate: il successo
professionale di alcuni dei suoi membri, una evidente capacità
professionale unita ad una certa intraprendenza, le ricchezze accumulate
e consolidate fino a permettere un fasto quasi inaudito, la notorietà
derivata da un impero commerciale, il raggiungimento di un elevato rango
sociale coronato dal conferimento di un titolo nobiliare a Carlo
d’Ottavio Gerini, gli incarichi amministrativi e diplomatici al servizio
della corte granducale.
Una
notorietà che ha in Andrea Gerini la più importante figura
‘intellettuale’ della famiglia nel Settecento. Raffinato e aggiornato
collezionista di marcata indole illuminista, fu anche instancabile
promotore di iniziative artistiche (per esempio le celebri Vedute
incise di Zocchi), frequentatore di salotti letterari e di riunioni di
intenditori, come emerge dal racconto di Martina Ingendaay che, per la
prima volta, ha potuto studiare il vasto archivio di famiglia costituito
da migliaia di volumi oggi conservati nell’Archivio di Stato di Firenze.
Il
marchese dette al casato quel fasto e quella celebrità che resero la
famiglia una delle più celebri dell’aristocrazia fiorentina dell’epoca,
conosciuta anche fuori dai confini del granducato e addirittura
Oltralpe. Con la sua figura il nome ‘Gerini’ divenne sinonimo di una
ricca collezione privata sistemata in una prestigiosa dimora, aperta ai
visitatori e presentata tramite un catalogo ragionato illustrato (il
primo esempio in Italia), messo in circolazione in Europa e quindi
accessibile ad un pubblico internazionale.
In
questo contesto è di particolare interesse la dettagliata ricostruzione
dell’assetto collezionistico del palazzo, condotta dall’autrice tenendo
soprattutto presente il dato inventariale e storicistico senza
tralasciare gli opportuni riferimenti al contesto sociale e culturale
della Firenze contemporanea, come pure agli apporti nazionali ed
internazionali convogliati a palazzo dalle frequentazioni diplomatiche
della famiglia.
L’inizio
dell’Ottocento vide questo patrimonio gravemente compromesso dalle
difficoltà economiche contratte. Così l’asta della quadreria, tenutasi
nel 1825 e comprendente oltre 300 dipinti, segnò la fine di questa
gloriosa pagina del collezionismo fiorentino e la conseguente
dispersione di una gran parte del patrimonio artistico conservato nel
palazzo.
“Nel
libro – scrive nella presentazione lo storico dell’arte Carlo Sisi - si
respira del resto l’aria del tempo poiché i documenti restituiscono il
pulsare instancabile dei cantieri, l’intreccio operoso delle maestranze
attive tra città e campagna, le presenze di artisti e di ospiti
concentrati sul dinamico progetto della Galleria, e, quasi fragranti
istantanee di vita vissuta, fanno balenare all’immaginazione un
fanciullo Gerini portato in campagna ad imparar la pittura o l’orologio
d’oro regalato a Zocchi dal marchese Andrea nel 1742’’.
Martina
Ingendaay, storica dell’arte, vive e lavora a Firenze come
ricercatrice. E’ stata per molti anni collaboratrice del
Kunsthistorisches Institut di Firenze e, dal 1986-1997, del Corpus of
Florentine Painting sotto la direzione di Miklos Boskovits. Autrice di
numerose pubblicazioni sulla pittura italiana dal Cinque al Settecento
di maestri come Correggio, Ciro Ferri, Sebastiano Conca, Guido Reni,
Salvator Rosa e Pompeo Batoni, ha svolto studi prevalentemente
all’insegna del lavoro d’archivio. È stata co-autrice di uno studio
monografico sullo storico tedesco Robert Davidsohn, padre della moderna
storiografia fiorentina.
«I migliori pennelli».
I Marchesi Gerini mecenati e collezionisti nella Firenze barocca.
Il Palazzo e la Galleria 1600-1825
di Martina Ingendaay
Biblion Edizioni, Milano 2013 - Parte I: 391 pp., 281 figg., 54 tavole a colori; Parte II: 299 pp.
Del Bimbo Fabrizio
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