Dopo più di due anni di restauro all'Opificio delle Pietre dure e la trasferta a Roma per la grande esposizione alle Scuderie del Quirinale che celebrava i 500 anni dalla morte di Raffaello, il Ritratto di Leone X tra i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi, capolavoro del genio urbinate, rientra finalmente a casa, alle Gallerie degli Uffizi. Lo fa da protagonista, con una mostra interamente dedicata all’opera: "Raffaello e il ritorno del Papa Medici - restauri e scoperte", curata dal soprintendente dell'Opificio Marco Ciatti e dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt, nella sala delle Nicchie della Galleria Palatina di Palazzo Pitti (dal 27 ottobre 2020 al 31 gennaio 2021). L’allestimento è concepito per documentare e spiegare il complesso restauro e le numerose analisi scientifiche effettuate sull'opera, ora di nuovo completamente godibile nella lussuosa ricchezza cromatica dei dominanti toni rossi e nella straordinaria varietà dei dettagli, che l'hanno resa una delle creazioni più famose del Sanzio. Grazie alle molte tecniche di indagine preliminari (radiografiche, fotografiche, di imaging, di microscopia ottica, a scansione microprofilimetrica, solo per citarne alcune) è stato possibile rintracciare integralmente la 'trama' del dipinto disegnata in origine da Raffaello e stabilire che tutta l'opera è integralmente dovuta alla sua mano, fugando una volta per tutte il dubbio – avanzato da alcuni studiosi - che le figure dei cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi fossero state aggiunte in un momento successivo. Al termine dell'esposizione nella Sala delle Nicchie in Galleria Palatina, il Ritratto di Leone X tra due cardinali troverà collocazione nella Sala di Saturno dello stesso museo, in compagnia di una serie di capolavori dell'Urbinate, tra i quali i ritratti di altri due importanti prelati: quello di Papa Giulio II e quello del Cardinal Bibbiena, ha annunciato il direttore delle Gallerie Eike Schmidt.
IL RESTAURO DELL'OPERA
IL DIPINTO E LA SUA STORIA
Il dipinto di Raffaello giunse a Firenze ai primi di settembre del 1518, in tempo per esser messo “sopra la tavola” dei festeggiamenti nuziali del nipote di Leone X, Lorenzo de’ Medici, duca di Urbino, con Madeleine de la Tour d’Auvergne. Al banchetto degli sposi partecipava come portentoso commensale anche lo zio pontefice, in effigie insieme a ben due cardinali, entrambi appartenenti alla famiglia Medici: i cugini Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi. Ma è il Papa a dominare la scena, in un interno che si intuisce severo e monumentale, di una pietra grigia su cui risaltano i rossi e i bianchi, gli ori e gli argenti delle vesti, del mobilio e delle suppellettili preziose. Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici, è raffigurato di tre quarti; ha mano la lente cerchiata d’oro– quasi suo segno identificativo, data la miopia che lo contraddistingueva. Con insistita ricerca rappresentativa, Raffaello gli mette davanti, aperta, una ricchissima Bibbia, capolavoro della produzione libraria del Trecento a Napoli, illustrato per la regina Giovanna I dal più importante miniatore della corte angioina, Cristoforo Orimina.
"Con questi oggetti meravigliosi - spiega Schmidt - Raffaello celebra, insieme alla carica suprema del personaggio, anche il gusto raffinatissimo e la cultura di un membro di casa Medici, un intellettuale educato e cresciuto tra le collezioni d’arte più celebri del tempo, degno figlio di Lorenzo il Magnifico."
APPROFONDIMENTO - IL LIBRO DI LEONE X
Il volume sul tavolo davanti al papa è un codice miniato, un oggetto prezioso, da collezionista, che gli studiosi identificano in un libro ancora esistente, una lussuosissima Bibbia conservata oggi al Kupferstichkabinett di Berlino, e già appartenuta a una nota raccolta privata, quella del Duca di Hamilton. Venne eseguita a Napoli, attorno alla metà del XIV secolo, probabilmente su richiesta della regina Giovanna I d’Angiò, per essere destinata a un membro della famiglia francese Roger (per Pierre, che fu papa col nome di Clemente VI, o per suo fratello), con cui la sovrana intratteneva rapporti politici e personali. L’autore della decorazione è il miniatore Cristoforo Orimina che, assieme ai suoi aiuti e collaboratori, deteneva nella città campana la più importante bottega miniatoria, aggiornata sulle tendenze pittoriche più recenti ed elevate, come quella di Giotto. Forse scelto in funzione dinastica e politica filofrancese in occasione del matrimonio tra il nipote del papa, Lorenzo, e Maddalena de la Tour d’Auvergne, il codice è aperto sul principio del Vangelo d Giovanni.
Fabrizio Del Bimbo
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