mercoledì 21 luglio 2021

Lorenzo Marini espone a Santa Maria della Scala

 



Il Complesso Museale di Santa Maria della Scala ospita fino al 20 ottobre 2021 cinque installazioni del creatore della “TypeArt”

Non una mostra tradizionale ma un viaggio itinerante tra cinque installazioni, l’ultima delle quali in Piazza del Campo a Siena. È la mostra “Di segni e di sogni” di Lorenzo Marini ospitata nel Complesso museale di Santa Maria della Scala dal 20 luglio al 20 ottobre.

Il progetto di Marini creatore della corrente della “TypeArt” ha come tema centrale l’interpretazione creativa delle lettere nelle loro più disparate dimensioni linguistiche, un “alfabeto liberato” coloratissimo e stupefacente.

“Siena è una città unica al mondo, una cornice culturale dove l’importanza della tradizione viene celebrata per contrasto da un linguaggio così innovativo e sperimentale. Per me le lettere sono nate libere e come gli uomini sono creature sociali ma anche individuali. È tempo di celebrare la bellezza della geometria che le compone e lasciare il gregge della tipologia alfabetica. Non sono necessarie solo per leggere o per scrivere, ma anche per alimentare la fantasia” ha dichiarato l’artista sottolineando il suo legame con Siena e l’importanza di questa mostra.

La mostra
La mostra si compone di cinque “momenti”, tra cui una personale nella sala San Pio con 22 opere mixed media on canvas, che comprendono le ricerche iniziali sul type e sugli alfabeti. Le altre cinque installazioni rappresentano storie visive dell’ alfabeto ricreato.

Dalla installazione di acciaio specchiato “MirrorType” nella Cappella del Manto, al monolite che si accende e si spegne dopo secoli di silenzio nella sala Sant’Ansano. Dalla rappresentazione della tastiera QWERTY portata a una dimensione cento volte maggiore, alla pioggia di seimila lettere sospese tra le volte della sala San Galgano. Tutte le installazioni immersive comprendono una colonna sonora appositamente creata da Mariella Nava, una tra le più sensibili autrici di musica italiana.

Oltre agli spazi museali di Santa Maria della Scala l’artista ha voluto omaggiare Piazza del Campo attraverso un alfabeto scomposto fatto di 35 type circolari attraversabile e percorribile, un’opera che si completa per mezzo del pubblico attivo e non solamente spettatore.

Il curatore della mostra Luca Beatrice ha scritto: “L’unione delle lettere forma parole, dunque significati che mutano a seconda dell’idioma. All’origine però sono segni, immagini. Su questo concetto apparentemente semplice, eppure fondativo nella storia dei linguaggi lavora Lorenzo Marini. Utilizzare gli elementi prima della comunicazione e trasformarli in fantasmagoria visiva attraverso associazioni cromatiche indotto. Nell’arte di Marini siamo noi a scegliere, a entrare nel meccanismo tentando in qualche modo di ricomporlo e di dare senso a un’esperienza. Elegante, divertente, esplosiva, riflessiva, la sua poetica ridisegna e ridipinge i confini dell’universo, ponendo l’attenzione sulle regole del comunicare, dove lo sforzo è superarle alla ricerca di nuovi alfabeti, misteriosi e infantili, concettuali e ludici”.


Nicoletta Curradi



martedì 13 luglio 2021

A Pistoia una mostra contro la violenza sulle donne

 



Le opere di Loriano Aiazzi e Sergio Monari contro la violenza sulle donne


Unna mostra-evento a cura di Niccolò Lucarelli, in collaborazione con il Comune di Pistoia, per riflettere sulla figura della donna nella società. La mostra si tiene nelle sale affrescate del Palazzo Comunale, ed è visitabile gratuitamente, nel rispetto delle normative sanitarie, tutti i giorni dal 23 luglio al 15 agosto, in orario 9,00-13,00 e 15,00-18,00.


Dalla mitologia della Grecia classica alla società contemporanea, la figura della donna è sempre stata centrale per il progresso civile dell’umanità. Nonostante il suo indubbio contributo, la donna ancora oggi non gode del dovuto rispetto, ancora oggi non esiste la democrazia di genere, nei fatti le pari opportunità sono soltanto un concetto retorico, e la vergognosa piaga della violenza sulle donne occupa ancora oggi le pagine dei quotidiani. E con violenza non s’intende soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale. Per questo progetto che sin dal titolo vuole indagare la personalità femminile, ancora oggi paradossalmente poco conosciuta e compresa, il curatore ha voluto due scultori, anziché due scultrici, per sottintendere che è l’uomo a dover cambiare atteggiamento e mentalità, a mettersi in gioco e ad ammettere le proprie responsabilità.

Loriano Aiazzi e Sergio Monari, entrambi scultori di lungo corso e dal curriculum internazionale, con partecipazioni anche alla Biennale di Venezia, interpretano Euriclea e Medea, due differenti, ma fondamentali, espressioni della personalità femminile, grazie ai quali l’umanità ha potuto progredire nei secoli. Ispirato nel titolo a un verso del poeta siriano Nizār Tawfīq Qabbānī, Oh donna chi sei è pensato, nei limiti del possibile, come stimolo per una riflessione di carattere sociale attraverso l’arte. 

Come nota Lucarelli, “dalle sculture di Aiazzi e Monari scaturisce l’immagine di una donna fiera e libera, dolce e appassionata, un’amazzone e una vestale, che alberga in sé molteplici potenzialità, intuizioni, entusiasmi, sentimenti, sempre pronta a donarli agli altri in nome di un istinto materno esteso alla sua massima portata. Eppure, nella mancata alleanza fra uomo e donna risiedono problematiche che l’umanità si trascina da almeno due millenni, e la violenza sulle donne - non soltanto quella fisica, ma anche quella, più subdola, psicologica e morale - è purtroppo una tematica di vergognosa attualità”. E Sposato, nel suo contributo, sottolinea come “effigiare la Donna sia un rituale, un atto spirituale che affonda le radici all’origine della Coscienza, alla nascita dell’arte: perpetuarlo significa intimamente evocare il principio dell’umanità stessa, concetto troppo spesso diluito nell’attuale società individualista e misogina, macchiata spesso di inadempienza. Proprio per sopperire questa mancanza, la rilettura del mondo classico è la chiave di volta indispensabile a predisporre un futuro compiuto e stabile, caricando l’eredità di un passato che non vuole essere oggetto nostalgico ma supporto di consapevole responsabilità, sia artistica, sia sociale”. 

La mostra è accompagnata da una brochure con testi del curatore e del critico d’arte Luca Sposato.


Fabrizio Del Bimbo

sabato 10 luglio 2021

Rubeus et alii, le opere di Ugo Riva ed Elena Mulinelli dialogano con la Deposizione del Rosso Fiorentino


E' aperta  nel Chiostro e nel giardino  di Palazzo Minucci Solaini di Volterra (PI), sede della Pinacoteca Comunale , la mostra Rubeus et alii, che con opere degli artisti contemporanei Ugo Riva e Elena Mutinelli, omaggia il capolavoro manierista a 500 anni esatti dalla sua realizzazione.

Ideata e organizzata dalla gallerista Francesca Sacchi Tommasi, la mostra  curata da Antonio Natali e da Elisa Gradi è ispirata al rapporto affettivo e di rispetto che lega gli artisti di oggi a Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, detto il Rosso Fiorentino - che si firmava Rubeus -, capace di concepire un’opera tanto “contemporanea” come la “sua” Deposizione.

Allestita nel Chiostro e negli spazi esterni di Palazzo Minucci Solaini di Volterra, la mostra proseguirà fino a fine agosto; inoltre l’esposizione sarà arricchita dal catalogo edito da Capire edizioni, su cui troveranno spazio, oltre a un importante apparato fotografico, i saluti istituzionali, i testi dei curatori e una poesia di Davide Rondoni.

«Con la mostra “Rubeus et alii” - dice Giacomo Santi, Sindaco di Volterra - la Pinacoteca di Volterra accoglie un progetto espositivo di grande qualità. L'Amministrazione comunale è felice di partecipare a questa iniziativa che è nata per celebrare i 500 della Deposizione di Rosso Fiorentino, uno dei capolavori che esponiamo con orgoglio nei nostri musei. Un grazie a tutti coloro che hanno lavorato alla progettazione e realizzazione dell'esposizione».

«Quando le eccellenze s’incontrano e insieme costruiscono cultura e arte - aggiunge Dario Danti, Assessore alle Culture del Comune di Volterra -, l’emozione e la meraviglia non possono che trarne beneficio. Come ne trarrà sicuramente beneficio la nostra città e la nostra Pinacoteca. Due grandi artisti di fama internazionale, due grandi curatori e una importantissima galleria d’arte che ci consegnano un’esposizione unica per rigenerare uno spazio pubblico e civico, omaggiando la Deposizione del Rosso Fiorentino nell’anniversario della sua realizzazione. Siamo certi che questo evento è solo l’inizio di un intenso percorso comune»

«Quando un’opera d’arte è un capolavoro può ispirare gli artisti per secoli - chiosa Alessandro Furiesi, Direttore della Pinacoteca civica di Volterra -. È per questo motivo che la Deposizione del Rosso Fiorentino, dipinta nel 1521, continua ancora oggi, dopo cinque secoli, ad influenzare pittori e scultori. Questa è la genesi della mostra che si svolgerà in Pinacoteca per omaggiare il quadro che vi è conservato, grazie alle opere di Ugo Riva e Elena Mutinelli. Una mostra nata dalla collaborazione fra privato e pubblico, infatti è grazie al lavoro della galleria Etra Studio Tommasi, presentato alla Pinacoteca ormai più di un anno fa, che si è potuto lavorare su questo progetto. Si tratta di una operazione significativa, nel 500° anno dalla realizzazione del dipinto di Rosso Fiorentino. Una esposizione che accompagnerà i visitatori del museo per l’estate 2021 e che caratterizzerà la ripartenza della Pinacoteca di Volterra con un intervento di ampio respiro culturale».

La mostra
In totale sono in mostra cinque opere progettate e realizzate appositamente per questa mostra-omaggio e, nonostante i due artisti siano lombardi - Ugo Riva è bergamasco e Elena Mutinelli è nata a Milano -, sedotti dal fascino del capolavoro manierista di Rosso Fiorentino e provenienti da esperienze artistiche assai diverse, entrambi hanno scelto di utilizzare materiali tipici della Toscana: la terracotta policroma e il marmo di Carrara.



Con la curatela di Antonio Natali (già Direttore della Galleria degli Uffizi), Ugo Riva propone a Volterra quattro opere in terracotta, la prima delle quali - dal titolo Solitudine - è stata realizzata durante i mesi terribili del primo lockdown. In essa le diverse figure poste circolarmente su una base di terracotta scura appaiono nell’atto di fuggire o disperarsi e non mancano simbologie e richiami a capisaldi della pittura rinascimentale fiorentina. «Sono innamorato da sempre di Rosso Fiorentino - dice l’Artista - a tal punto che già nel 1994 gli avevo dedicato una piccola scultura intitolata Le inquetudini del Rosso, dove risaltavo i cambiamenti rivoluzionari nell’arte di cui lui era stato protagonista. Poi rifeci quella scultura, un po’ più grande, nel 2010 per il “Four Seasons” di Firenze, dove tuttora si trova. Arriviamo così a questo progetto, pensato per essere mostrato sul pozzo del Chiostro di Palazzo Minucci Solaini e realizzato in terracotta, di cui in Toscana c’è una grande scuola, un materiale che mi dà un immenso piacere. Rispetto al progetto iniziale, alla fine si è rivelato un lavoro di ‘sottrazione’: ho eliminato la croce, che mi pareva anche banale, e le figure appaiono tutte come se fuggissero da un qualcosa di terribile. Ma perché? Perché in mezzo c’è stato il Covid. Io ho passato un anno da solo in studio, con i miei amici più cari che  perdevo uno ad uno a causa della malattia, vivendo una solitudine tremenda, perché nel momento del dolore ognuno è solo con se stesso. Da cui il titolo dell’opera. Infatti nell’opera le figure non si toccano, il pianodi appoggio è pieno di squarci e ferite e perfino la Madonna ha le braccia alzate. Non c’è alcun gesto di condivisione».

L’artista bergamasco espone a Volterra altre tre opere: la prima si intitola Sine pietas et amor Dei, un’immagine cruda, violenta che pare un bue squartato, con sotto il Cristo deposto e il tutto inserito in una nicchia religiosa.

La terza scultura, Stabat Mater, è un richiamo alla speranza: si tratta di un altarolo, realmente proveniente da Napoli, in cui Riva vi ha modellato una “Deposizione”.

Infine, con Eros e Thanatos l’artista risalta la sensualità di Rosso Fiorentino, però senza staccarsi troppo dal tema della morte. La prima delle due figure è tratta da un Cristo di Rosso in mezzo a due grandi chiodi, mentre la seconda raffigura Cleopatra, in tutta la sua sensualità.




Scrive il curatore Natali sul catalogo: «Del Rosso, Riva celebra l’eccellenza linguistica e ravviva la memoria di pittore anticonformista. Anticonformista e spregiudicato, eppure fedele – come s’è già più volte detto – ai percorsi della tradizione, specie fiorentina, dall’antichità al passato più recente. Nel suo omaggio alla Deposizione del Rosso, Riva dà un séguito alla vicenda della tavola volterrana, raccontando ora quel che accadde dopo che il corpo di Gesù fu sconficcato dal legno su cui s’era compiuta quella morte scandalosa. E lo fa come se guardasse la cima del Golgota con gli occhi del Rosso, immaginandosi l’evolversi della gestualità dei pochi ch’erano rimasti ai piedi della croce. A osservare la concezione della rilettura della pala proposta da Riva, ci s’accorge che lo sgomento delle donne e il pianto ripiegato di Giovanni, prima raccolti all’ombra del martirio, sono stati scossi da un impulso centrifugo».


Nicoletta Curradi

venerdì 9 luglio 2021

Fondazione Ragghianti, apre la mostra “Pianeta città. Arti cinema musica design nella Collezione Rota 1900-2021”.

 



                                                                                                        

Dal 9 luglio al 24 ottobre 2021, un’esposizione incentrata sul tema della città e della trasmissione della conoscenza, analizzato prevalentemente attraverso i pezzi della collezione dell’architetto  Italo Rota, tra i più noti progettisti del nostro tempo.


Gli spazi espositivi della Fondazione Ragghianti di Lucca ospitano una grande mostra, “insolita e interdisciplinare” - come spiegano  il presidente  Alberto  Fontana  e  il  direttore  Paolo  Bolpagni - “scaturita dall’incontro e dal dialogo tra competenze differenti, che unisce svariati saperi e consente esplorazioni affascinanti e scoperte. Una sorta di archivio dell’immaginario visivo legato alla dimensione urbana, unificato dalla prospettiva estetica”.

“Pianeta città. Arti cinema musica design nella Collezione Rota 1900-2021” è il titolo dell’esposizione ideata da Paolo Bolpagni con Aldo Colonetti, filosofo e studioso di architettura e design e con lo stesso collezionista Italo Rota.

Al centro della rassegna è il tema della città e della trasmissione della conoscenza. “L’intento  – spiega  Bolpagni  – è di creare  un racconto  del  Novecento  e  del primo ventennio del nuovo millennio attraverso la visione della città, la sua rappresentazione  nelle arti e nel cinema e l’evoluzione  dell’oggetto  libro. Da una parte ripercorrendo lo sviluppo dell’idea di città, da quella immaginata da Antonio Sant’Elia negli anni Dieci fino all’architettura  attuale della megalopoli; dall’altra analizzando come sia cambiato il nostro modo di trasmettere la conoscenza, fino alle evoluzioni contemporanee e al cambiamento del nostro modo di pensare, con lo sviluppo di una modalità  di ragionamento ipertestuale e intertestuale, ma con la permanenza  del libro, rivelatosi ancora attuale e vivo nella sua dialettica tra la carta stampata e il digitale”.

“La  mostra  – afferma  Aldo  Colonetti  – è  un  viaggio  dentro  le  ‘cose’, sospeso  tra  testimonianze   ‘alte’,  i  documenti  originali  delle  grandi  utopie  del Novecento, dal Bauhaus alla controcultura californiana degli anni Sessanta da un lato, e la cronaca dall’altro lato, che viene dal ‘basso’: manifesti, oggetti comuni, il tutto intrepretato  e messo in scena attraverso  il modello  epistemologico  di Aby Warburg, dove la storia dell’arte è intesa in quanto comparazione antropologica. Al centro sta la città come esperienza fisica, nella quale ciascuno è abitante e protagonista del cambiamento: ‘Pianeta città’ è un percorso, fisico e mentale, dove ciascuno troverà un pezzo della propria storia, senza dimenticare, come scriveva il poeta greco Alceo, che «le città sono gli uomini»”.

“La  mia  collezione  –  racconta  Italo  Rota  –  è  stata  raccolta  secondo  una  ricerca incrociata  con il mio lavoro  e si basa su interessi  precisi  che vanno alla radice  dei problemi e sono scavi nel sapere del XX secolo. Dopo quarant’anni di collezionismo e lavoro intrecciati si tratta di un archivio di beni comuni rispetto al tema città, che nell’insieme  servono  per  immaginare  il  futuro. Per il visitatore  la mostra è un invito a riflettere  sul modo in cui vivremo:  il presente di oggi è fatto dai lavori del passato. Uno slogan potrebbe essere: «Se tutto questo vi ha interessato, nulla sarà più come prima»”.




Sono oltre cinquecento i pezzi espositivi in un percorso suddiviso in dieci sezioni: Primo ’900: l’alba della contemporaneità; L’utopia delle avanguardie e la città nuova; L’orrore del nazismo; Maestri dell’architettura; Visioni fantascientifiche; Berlino est: l’angoscia del socialismo reale; Gli anni del boom; Immaginare il futuro; Abitare alla scandinava; Nuove prospettive.

La rassegna è accompagnata da un libro pubblicato da Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’arte con saggi di Paolo  Bolpagni,  Francesco  Careri,  Aldo  Colonetti, Daniele Ietri, Franco La Cecla, Eleonora Mastropietro, Alessandro Romanini e Italo Rota.

E’ stato inoltre realizzato un documentario, diretto da  Eleonora Mastropietro e prodotto dalla Fondazione Ragghianti in collaborazione con La Fournaise, che racconta la collezione di Italo Rota dalla sua prospettiva personale.

Fino al 24 ottobre 2021
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti, via San Micheletto 3, Lucca
Orari di apertura:
- dal 9 luglio al 31 agosto dal martedì alla domenica dalle ore 16:30 alle 22:30;
- dal 1° settembre al 24 ottobre dal martedì alla domenica dalle ore 11 alle 19.
Biglietto d’ingresso: 7 euro
Biglietto ridotto (4 euro) per:
- dipendenti di Banco BPM e relative famiglie;
- possessori del biglietto cumulativo del Complesso Museale e Archeologico della Cattedrale di
Lucca;
- soci del Club UNESCO Lucca;
- soci COOP;
- gruppi superiori alle 15 unità;
- minori di 18 anni;
- scolaresche (della primaria e delle secondarie);
- studenti di università, accademie d’arte e conservatori provvisti di libretto;
- insegnanti.
Biglietto gratuito per:
- bambini fino ai 6 anni;
- diversamente abili (e accompagnatore);
- un accompagnatore per ogni gruppo;
- studenti delle università toscane provvisti di libretto;
- soci ICOM;
- militari e forze dell’ordine con tesserino;
- giornalisti e guide turistiche con tesserino.
Informazioni: www.fondazioneragghianti.it

Nicoletta Curradi

mercoledì 7 luglio 2021

Mario Puccini Van Gogh involontario al Museo della Città di Livorno

 




Fino al 19 settembre 2021 il Museo della Città di Livorno ospita la grande mostra dedicata a Mario Puccini, curata da Nadia Marchioni e organizzata da Comune di Livorno, Fondazione Livorno e Fondazione Livorno – Arte e Cultura, con il patrocinio di Regione Toscana.

“Una rivelazione per me sono state le cose di Mario Puccini, un selvaggio pittore livornese allievo del Fattori: ha circa 50 anni. E’ un Van Gogh involontario: fortissimo; tu vedessi che colori, tu vedessi che fiere, che paesi, che mari, che barche in porto, ammassate, catramose”.

Così scriveva il critico Emilio Cecchi alla moglie pittrice Leonetta Pieraccini nel 1913, indicando i due poli entro cui nacque e si sviluppò l’opera di Puccini; il grande erede del macchiaiolo Fattori, infatti, seppe rinnovare il messaggio del Maestro guardando ai più fulgidi esempi d’Oltralpe, uno su tutti il celebre Giardiniere di Vincent van Gogh (oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma), evocato in mostra come una delle maggiori novità visibili a Firenze dal 1910 presso la raccolta del collezionista-pittore Gustavo Sforni, che di Puccini divenne in quegli anni premuroso amico.

L’esperienza della reclusione in manicomio ventiquattrenne (1893-1898), per oltre quattro anni, non spense la passione di Puccini per la propria arte; sostenuto dall’esempio di amici artisti, fra cui Plinio Nomellini e Oscar Ghiglia, riprese a dipingere ai primi del Novecento, perfettamente aggiornato sulle novità europee grazie alle frequentazioni di importanti mercanti e collezionisti fiorentini ed al vivace dibattito culturale che si sviluppava nelle sale del livornese Caffé Bardi, dove s’intratteneva, durante il suo ritorno in Italia, il concittadino Modigliani, che con Puccini condivide l’anno di morte 1920.

Ad un anno di distanza dalla mostra su Modigliani, Livorno intende celebrare l’altro suo grande figlio, erede di Fattori e, come Modì, proiettato verso orizzonti culturali europei.




“Puccini sta a Fattori, come Van Gogh sta a Cézanne; ed entrambi i due coloristi, Puccini e Van Gogh, tramutano in masse fluide e vibratili i serrati e compatti blocchi dei due costruttori” scrisse Mario Tinti; questa esposizione, dove l’eredità di Lega e, soprattutto di Fattori viene evocata attraverso puntuali confronti con il più giovane artista, intende promuovere una nuova e più ampia lettura della sua opera, perfettamente allineata alla grande arte europea del primo Novecento.

La mostra, ricostruendo l’universo di artisti che contribuì alla maturazione del grande pittore, presenta centocinquanta opere, fra cui un importante nucleo collezionistico ritrovato in questa occasione, che permette al visitatore di osservare dipinti e disegni assenti dalle esposizioni pubbliche da oltre cinquanta anni, talvolta mai esposti precedentemente o, addirittura, inediti, nella straordinaria occasione di aggiornamento della conoscenza diretta di uno dei grandi artisti del nostro Novecento.

Info:
https://mostramariopuccini.comune.livorno.it/it

Fabrizio Del Bimbo

giovedì 1 luglio 2021

Pitti 100, Accademia Italiana ha aperto le porte a stampa e pubblico





Mercoledì 30 giugno una maratona online ha preceduto la prima del fashion movie “We, here. We, now”,
girato in una Firenze arcana e wild, prodotto da Mirror e la direzione artistica del coreografo Jari Boldrini Protagonisti gli outfit disegnati dagli studenti, indossati dall’Opus Ballet

 

 

Tre giorni di proiezioni, una maratona di incontri live e in streaming, una speciale sessione di yoga sul tetto con vista sull’Arno, il verde delle colline intorno a Firenze e la città che si risveglia: in occasione di Pitti 100, Accademia Italiana ha aperto le porte a pubblico e stampa, nella sua sede di Lungarno delle Grazie, Palazzo Bargagli.





 

Al centro della tre giorni, che ha coinciso con l’edizione che segna la ripartenza di Pitti Immagine, il fashion movie “We, here. We, now”, girato in una Firenze arcana e wild, che vede protagonisti gli outfit disegnati e interamente realizzati dagli studenti di Accademia Italiana, indossati dai ballerini della Compagnia Opus Ballet di Firenze. A dirigerli in una danza dagli accenti quasi tribali il coreografo Jari Boldrini. Dietro la macchina da presa Mirror, talentuoso studio fiorentino con all’attivo produzioni per alcuni big player del made in Italy quali Bottega Veneta, Adidas e Ferrari.

 

Il film  è stato proiettato in anteprima mercoledì 30 giugno nella Cinema Room al piano terra di Palazzo Bargagli. È seguito un aperitivo sulla scenografica loggia sul tetto, con vista sull’Arno e sullo skyline fiorentino.

 

La proiezione era preceduta da una maratona di incontri live e in streaming sui canali social di Accademia Italiana: a partire dalla mattina di mercoledì 30 giugno i protagonisti della produzione cinematografica si sono alternati in diretta su Facebook e Youtube, insieme a Alessandro Colombo, Managing Director AD Education Italia. Al termine del live si è aperta ufficialmente la Cinema Room nella sede di Lungarno delle Grazie, dove è stato possibile vedere dal vivo i capi realizzati dagli studenti.





 

Giovedì 1° luglio, dalle ore 8.30 alle 9.30, lo stesso Palazzo Bargagli ospiterà Yoga with a View, una speciale sessione di yoga riservata alla stampa presente in città in occasione di Pitti Immagine: un maestro guiderà i giornalisti in un Saluto al Sole con vista sul verde delle colline e sulla città che si risveglia, sul rooftop del palazzo. Seguirà una colazione healthy con centrifughe e cibi freschi, con la possibilità di vedere il fashion film prodotto da Accademia Italiana, prima di gettarsi nella mischia della Fiera. Durante la giornata e il giorno successivo, venerdì 2 luglio, “We, here. We, now” sarà proiettato in loop nella Cinema Room, dalle 12 alle 19 (accesso libero con accreditamento all’ingresso).

 

“We, here. We, now” è uno statement, una dichiarazione di intenti e una professione di consapevolezza verso una fashion industry travolta dalla pandemia e in procinto di rinascere su nuove basi. La moda vista dai giovani designer è responsabile, inclusiva e in costante dialogo con la Natura, che diventa anche fonte di ispirazione estetica e materica nei capi prodotti dai neolaureati in Fashion Design.

 

La sostenibilità ha guidato anche la scelta dei materiali: stoffe di scarto sono state mixate a tessuti etnici autentici del Ghana, tute da sub sono state smontate e riassemblate in capi originali, elementi metallici sono stati trasformati in elementi couture. Altro filo conduttore delle collezioni, create con la supervisione creativa di Marco De’ Micheli, capo dipartimento del corso di laurea, e quella sartoriale di Cecilia Rinaldi, docente di sartoria e campionario la fluidità di genere: bustier da uomo, pezzi sportivi pensati per essere indossati sia da lui che da lei, capi intercambiabili.

 

A fare da contraltare alle creazioni contemporanee degli studenti, tre imponenti location fiorentine: il refettorio di Santa Maria Novella, esempio di stile tardo gotico rinascimentale fiorentino; il lussureggiante Parco del Bobolino, custode di alberi secolari tutelati dall’Assessorato all’Ambiente del Comune di Firenze; e lo stesso Palazzo Bargagli. Pronto ad aprirsi adesso per celebrare la rinascita della moda.

 

 

 

 

Accademia Italiana, Istituto di Alta Formazione dalla forte vocazione internazionale con sede a Firenze e Roma, è, dal 1984, punto di riferimento nella formazione per le industrie creative della moda, del design, della comunicazione visiva e della fotografia. Nel giugno 2020 entra a far parte del Gruppo AD Education, network internazionale specializzato nell’alta formazione per le discipline creative ed artistiche che riunisce 14 scuole e 40 campus in Francia, Italia, Spagna e Germania per un totale di oltre 10.000 studenti. Grazie a un corpo docenti costituito da affermati professionisti del settore, AI combina formazione teorica e attività pratica e laboratoriale, offrendo inoltre la possibilità di seguire le lezioni in doppia lingua, italiano/inglese. Oggi l’offerta formativa si compone di corsi di laurea triennale (accreditati dal MIUR nel 2012) – in Fashion Design, Design, Fotografia, Graphic Design e Design del Gioiello – oltre a sei nuovi bienni specialistici, legalmente riconosciuti dal MUR alla fine del 2019 – Fashion textile design, Fashion design and management, Interior Design, Product Design, Graphic Design, Fotografia. L’ampliamento della proposta di studi, consolida una storia importante che ha visto passare nelle aule dell’istituto grandi nomi della creatività internazionale quali Vivienne Westwood, Oliviero Toscani, Rik Owens, Carla Fendi, Alessandro Mendini, Domenico Guzzini, Brunello Cucinelli e molti altri.

 

 Fabrizio Del Bimbo

Nicoletta Curradi

TuttaToscana

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