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martedì 19 gennaio 2010
I 5 punti fermi del Consorzio Centopercento Italiano
Il tema del Made in Italy, molto attuale in questi ultimi tempi, è basato su un dubbio fondamentale: cosa può dirsi realmente “prodotto in Italia”? Un servizio televisivo di Milena Gabanelli, direttrice di Report che ha scatenato un acceso dibattito sulla pelletteria di lusso.
“Abbiamo permesso che il made in Italy, una cosa che ha un valore enorme nel mondo fosse stato ‘rosicchiato’ a partire dal peggio del peggio e cioè falsi che hanno visto la nascita del lavoro del ‘metti etichetta' ”. ha dichiarato, in occasione di una conferenza stampa a Firenze, Andrea Calistri presidente del Consorzio 100% Italiano, fondato nel 1997 e che raccoglie un gruppo di 70 produttori italiani del settore 30% moda, 60% pelletteria di lusso, 3% settore casa ed enogastronomia.
Furono alcuni pellettieri che nel ’97 l’anno in cui iniziò il massiccio decentramento produttivo all’estero decisero di rimanere a lavorare in Toscana e di essere competitivi usando altri fattori rispetto a quello del prezzo. Un gruppo di imprese che fabbricano in Italia alle regole del gioco, secondo cioè la legge italiana, restituendo valore e tutela a chi lavora.
“C’è un gran bisognio di smuovere la legislatura a livello nazionale e a livello europeo. - ha aggiunto Calistri - Se c’è un vuoto legislativo, allora l’imprenditore deve andare oltre la legge e auto-tutelarsi per valorizzare i propri prodotti. Il consorzio metterà paletti sempre più stretti, è pronto un nuovo disciplinare per la filiera produttiva che si applicherà anche ai terzisti e ai quartisti”
Le aziende che hanno aderito al consorzio danno lavoro, tra dipendenti e indotto, a circa 3000 persone, con 230 milioni di euro di fatturato. Il loro principale impegno è la diffusione, la promozione e la salvaguardia dell’artigianato “made in Italy” più qualificato, quello realizzato cioè unicamente in Italia. Il consorzio è l'unico marchio esistente nel paese che certifica, a monte del prodotto, una filiera produttiva al 100% nazionale e il primo nel mondo che ha ricevuto la SA8000 cioè la certificazione di responsabilità sociale d’impresa.
Gli imprenditori appartenenti al Consorzio, esattamente come chi acquista i loro prodotti, sanno bene che esiste una linea netta che divide il vero dal falso, il corretto dallo scorretto, la qualità dalla non qualità. E gli piace pensare che, alla fine, sarà la trasparenza nell’operare, unita alla cultura, all’estro creativo e alla raffinatezza italiana, il miglior strumento di affermazione della loro produzione.
Nessun compromesso è il messaggio lanciato dal Consorzio Centopercento Italiano mentre annuncia la sua strategia 2010 a difesa del Made in Italy. Una strategia intransigente, basata su cinque punti fermi.
1-Lotta alla contraffazione. E’ la prima e più immediata esigenza. Combattere la contraffazione consente di arginare la concorrenza illegale e lanciare ai contraffattori un messaggio preciso: esistono delle leggi che vengono fatte rispettare, senza eccezioni né adattamenti.
2-Tracciabilità del prodotto. E’ il postulato di ogni seria lotta alla contraffazione. Rendere “tracciabile” il Made in Italy consente di ricostruire a ritroso tutta la “storia” dell’oggetto attraverso le tappe della filiera produttiva: dalla materia prima ai canali della distribuzione. Solo la capillarità dà reale efficacia ai controlli. Il consorzio intende mettere a punto in collaborazione con l’Università di Pisa un micro chip che permetta in ogni momento della vita del prodotto di verificare la sua provenienza e le tappe della sua fabbricazione.
3-Esaltazione della “cultura” legata al prodotto. E’ il passo successivo e superiore alla propaganda: diffondere presso il consumatore, e in generale presso l’opinione pubblica, la consapevolezza del valore intrinseco del prodotto che acquista, valore dato non solo dalla sua utilità diretta e dal marchio, ma dalla storia, la capacità, la tradizione di chi lo realizza e che ne giustifica, attraverso la qualità, il costo.
4-Convergenza delle azioni di tutela. Per produrre il massimo degli effetti per efficacia e durata, occorre che le azioni di difesa e valorizzazione del Made in Italy siano coordinate e convergenti, facciano parte cioè di una medesima strategia.
5-Rimodulazione del distretto industriale. Occorre progettare una nuova ingegneria di rete produttiva che riesca a massimizzare il sapere diffuso sul territorio e metterlo a sistema tra le imprese, generando un ciclo virtuoso di miglioramento e aumentando così la capacità della rete stessa di stare sui mercati mondiali. Un sistema di interrelazioni tra imprese che azzeri le differenze dimensionali ed abbia contemporaneamente funzione di ‘ottimizzatore’ di rete produttiva da una parte e ‘incubatore’ di nuove idee e nuove proposte aziendali dall’altra. Ricerca, innovazione tecnologica, formazione, rete produttiva che confluiscano in una rigenerazione del mercato in modo che il territorio torni ad essere un incubatore di imprese. Ricreare il know how, inventare un nuovo prodotto per un mercato che da troppo tempo ormai non vede nuovi marchi.
Fabrizio Del Bimbo
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