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venerdì 6 maggio 2011
Il naturalismo lirico di Dino Caponi in mostra a Palazzo Medici Riccardi
IL NATURALISMO LIRICO DI DINO CAPONI
Dai disegni di bambino ai dipinti della maturità
in mostra a Palazzo Medici dal 6 maggio al 7 giugno.
Una rilettura dell’opera dell’artista fiorentino ad oltre dieci anni dalla sua morte
Ha solo undici quando inizia a disegnare, Dino Caponi, e già in giovanissima età il suo talento dimostra una propensione a rielaborare la realtà in chiave lirica. Questa attitudine, rintracciabile non solo durante la sua formazione, ma anche in molta parte del suo successivo percorso, è l’elemento su cui si incentra la mostra “Il naturalismo lirico di Dino Caponi ”, dal 6 maggio al 7 giugno 2011 presso il Museo Mediceo di Palazzo Medici Riccardi.
L’esposizione, promossa dalla Provincia di Firenze, Soroptimist Club Firenze, dall’Archivio Dino Caponi e curata da Chiara Toti, costituisce l’occasione per approfondire il percorso dell’artista, attraverso non una presentazione antologica, ma una selezione critica delle opere, accomunate dalla medesima inclinazione poetica. In particolare la mostra si incentra su due momenti fondamentali della produzione dell’artista, i disegni giovanili realizzati tra il 1932 e il 1937, e i dipinti tra gli anni Cinquanta e Sessanta che presentano una rilettura della natura ai limiti dell’astrazione.
La prima sezione della mostra ricostruisce la formazione dell’artista, quando un Caponi, poco più che bambino, conobbe Ottone Rosai lungo le sponde dell’Arno, in via Villamagna dove entrambi abitavano, diventando il suo allievo prediletto. Un rapporto filiale quello con il maestro che non venne mai meno fino alla morte di Rosai, sotto la cui ala protettiva, ma mai impositiva, Caponi sviluppò la propria personalità. I disegni esposti attestano infatti un talento straordinario, alternando un tratto delicato, di una precisione quasi leonardiana, ad una vena espressionista più in linea con il maestro. Accanto ai soggetti prediletti, i contadini al lavoro, la famiglia, gli amici, particolare interesse suscitano le tematiche a carattere sociale, come l’imponente Mensa dei poveri e L’accattone, che mancavano in mostra dal 1981 e che si impongono tra le opere più significative dell’arte toscana degli anni Trenta.
Nel Dopoguerra Caponi dimostra di saper recepire e interiorizzare gli stimoli derivanti dalla congiuntura artistica internazionale, declinando le istanze della rivoluzione estetica post bellica in continuità con la tradizione artistica toscana da cui discendeva la sua formazione. Dopo la fase neocubista, da cui anch’egli transita alla ricerca di una nuova realtà, Caponi giunge, alla metà degli anni Cinquanta, ad una rimeditazione astrattizzante della natura. È questa la seconda stagione su cui la mostra sofferma il suo interesse, anch’essa venata di sentimento, che conduce a risultati di grande originalità tra naturalismo astratto e informale. Una stagione che ebbe esegeti d’eccellenza come Bigongiari, Gatto, Luzi, Macrì, Pratolini, in un connubio tra arte e letteratura di cui Caponi si nutrì per tutta la vita.
Fabrizio Del Bimbo
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