mercoledì 29 ottobre 2008

Fantasia in convento, una mostra al Fuligno

FANTASIA
in CONVENTO

Tesori in carta e stucco
dal Seicento all’Ottocento


La mostra rimarrà aperta dal 1° novembre 2008 al 6 gennaio 2009
orario: 10,00-18,00 - lunedì chiuso

Dal collezionismo curioso di un’appassionata storica dell’arte qual è Eve Borsook, instradato da anni in direzioni poco note e poco battute, e dalla sensibilità di Barbara Schleicher per l’oggetto d’arte, quale ammirevole sintesi di materie e forma governata dal sapere tecnico, nasce una mostra che è come una finestra aperta su un paesaggio sconosciuto, come un faro che squarcia una tenebra tenace. [...] Così quel collezionismo raffinato, e per così dire di nicchia, ha potuto dar luogo a una memorabile occasione espositiva, testimoniata dal suggestivo catalogo di Polistampa.
Le suppellettili religiose e specialmente i reliquiari raccolti per la mostra grazie ai prestiti non solo dei collezionisti privati, ma da parte di chiese e conventi di tutta Italia, rinviano a un mondo tramontato di devozione diffusa, di scarse risorse e d’immensa creatività: la miscela da cui sono nate invenzioni strepitose di vario genere, come ad esempio l’uso della paglia al posto del filato d’oro in paliotti chiesastici dell’età barocca, o più in generale il ricorso a paste di vetro colorate e variegate in luogo di gemme e pietre dure.
In queste suppellettili la struttura è modellata con impasti organici e gli ornati sono ottenuti con carta minutamente lavorata in un tripudio di volute e di cartigli, in gran parte rispondenti ai sontuosi repertori del Barocco e del Rococò: un’abbondanza di declinazioni fantastiche che stupisce.
La sostanza umile di cui venivan fatti i reliquiari, però, si elevava grazie alla componente invisibile incorporata negli impasti, ovvero quella speciale farina che si era ottenuta triturando finemente le reliquie dei Santi.
In un nodo semiologico di complicato scioglimento, il contenitore partecipa della natura del contenuto, mostrando i frammenti e nascondendo le polveri dei santi resti, detentori di un potere salvifico. È come se la santità stessa, prescindendo dai singoli santi, scendesse dalle sfere celesti per calarsi in forme simboliche nelle vicinanze dei fedeli, a portata di sguardi e quasi di mani. La semplicità feriale delle materie costituenti si riscatta dall’un lato nella tecnica sublime (che non è inferiore né troppo diversa rispetto a quella dedicata alle materie pregevoli e durature come i metalli e le gemme), dall’altro nella ricchezza del pegno sacrale racchiuso e diffuso nell’oggetto.
È perfino inutile dire che questa devota usanza rimase circoscritta ad un limitato periodo storico, e che nel tempo ne è svanita la memoria. [...] “Riprendiamoci Halloween”, potrebb’essere il titolo implicito e trasgressivo della mostra che, come si è deciso con la direttrice del Cenacolo di Fuligno Rosanna Proto Pisani, inaugura la vigilia di Ognissanti, riconducendo alla sfera antica del sacro di atteggiamenti odierni. Perché di questo in fondo si tratta, di riportare nell’alveo di una storia antica e nostrale, dove s’intrecciano fede cristiana, religiosità popolare e antropologia culturale, manifestazioni macabro-giocose divenute ormai tipiche della società americana e da noi acriticamente re-importate, che hanno invece in “zone” della cultura corrispondenti a questi manufatti radici autentiche e profonde: dove la religiosità si esprime in modalità rituali arcaiche, e il valore spirituale si annette alla materia in una simbiosi inestricabile, che ha nella sostanza alimentare – farina o “dolcetto” che sia – il suo fondamento primordiale. E del resto, in certe regioni del Messico il periodo delle feste dei Santi e dei Morti (gli animati “giorni dello Xantolo”) ancora prevede l’offerta e il consumo di vivande fin nei cimiteri, in una esaltazione di usanze che avevano caratterizzato anche il nostro territorio, specie nelle parti più esposte al lascito ispanico. Da noi, dolci secchi e duri dal nome di “ossi di morto”, ricorrenti nelle tradizioni alimentari di Siena e Livorno ma anche nell’Italia Meridionale (per esempio in Basilicata), rappresentano la sopravvivenza estrema di un cibo rituale all’incrocio dei mondi: dei vivi, dei morti, degli eletti (dalla presentazione di Cristina Acidini).
Nicoletta Curradi

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