sabato 2 febbraio 2008

Una nuova mostra al Pecci di Prato

Dal 3 febbario 2008 presso il Centro per l’Arte contemporanea Luigi Pecci è aperta la grande retrospettiva "Dichiaro di essere Emilio Isgrò" a cura di Marco Bazzini e Achille Bonito Oliva. La mostra, allestita nelle sale espositive del Centro Pecci, ripercorre le tappe fondamentali dell’attività di Emilio Isgrò, artista, poeta e scrittore.
Realizzata per l’occasione, Dichiaro di essere Emilio Isgrò, oltre ad essere l’opera che dà il titolo alla retrospettiva, è il grande lavoro (400x300 cm) che apre la mostra. La rassegna, concepita insieme allo stesso Emilio Isgrò, protagonista della scena artistica nazionale e internazionale del nostro tempo, è un percorso che tocca i diversi capitoli di una vivace attività creativa affermatasi sin dai primi anni ’60.
Il duello tra Emilio Isgrò e la parola va avanti da quasi mezzo secolo. Erano i primi anni ’60 quando l’autore iniziava a realizzare le cancellature, opere eseguite intervenendo sui testi coprendone manualmente alcune parti. Le parole sono cancellate con un segno denso e delle pagine restano leggibili soltanto piccoli frammenti di frasi. Della cancellatura Isgrò dice: “Alle origini, probabilmente, essa non fu che un gesto: uno dei tanti gesti che gli artisti compivano un tempo per segnare di sé il percorso della vita e del mondo”. E continua: “Essa mi si è di fatto trasformata tra le mani anno per anno, minuto per minuto, piegandosi meglio di quanto volessi o sperassi al mio desiderio d’artista”.
La cancellatura, scrive Marco Bazzini, è “un segno proibitivamente popolare e pittoricamente inibitorio, anche se nel tempo Isgrò arriva a risultati pittorici senza cedere alla pittura”.
Il cancellare è un gesto paradossale di distruzione e ricostruzione. Le parole non oltraggiate dalla cancellatura danno linfa a un nuovo messaggio portatore di significati essenziali: l’inutile è spazzato via. La cancellatura diviene la lingua inconfondibile di una ricerca artistica che, pur anticipando il concettuale, con il passare del tempo tende sempre più ad affermare una propria autonomia: ogni volta che l’artista si cimenterà con la pratica della cancellatura giungerà a risultati di diverso valore.
La linearità della pagina insieme all’orizzontalità della scrittura tipografica, considerate da Isgrò carenti nel manifestare l’essenza della realtà, lo portano ad affermare la necessità di dare valore espressivo allo spazio e al tempo che, come dice Achille Bonito Oliva, “non vivono separati tra loro nemmeno nella coscienza magmatica dell’artista ma in un intreccio che l’opera deve restituire”.
Insieme al concetto di cancellatura, centrale e costante nei lavori di Isgrò, è originaria la continua coesistenza tra le parole e le immagini. Le scritte dialogano con le immagini fotografiche, espedienti che diventano perni imprescindibili per comprendere l’opera.
Elemento linguistico e percezione visiva interagiscono suggerendo una più profonda lettura dell'opera che va al di là del semplice impatto estetico: lo spettatore è indotto a una riflessione ideologica e interpretativa del soggetto. Con la poesia visiva il corpo dell’arte sale sul palcoscenico della pagina, luogo della rappresentazione poetica, in cui agiscono dimensione spaziale e temporale: ecco così l’artista, nel 1971, addentrarsi con Dichiaro di non essere Emilio Isgrò nel campo di competenza dell’immagine figurativa, sfiorando contemporaneamente pittura, scultura, performance, architettura, scenografia e teatro.
Nella retrospettiva allestita presso il Centro Pecci i capitoli e le tematiche affrontate dall’artista ben si evincono nelle opere e installazioni storiche e di elevato valore quali, per gli anni ‘60: i Titoli di giornale; Volkswagen; Cancellatura (Ideologia della sopravvivenza); Poesia Jacqueline; Attila; Paolo e Francesca; Anabasi; L’attacco isterico (Freud); Il Cristo cancellatore (installazione di 38 libri); Trittico del Vecchio Continente.
Per gli anni ’70: Enciclopedia Treccani; L’avventurosa vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, artisti, scrittori, parlamentari, attori, parenti, familiari, amici, anonimi cittadini (installazione per 60 elementi); Semibreve da Haydn; La Q di Hegel; Allende ( e altri telex cancellati); Trittico della Rivoluzione; Particolare da Montale: Il presidente Mao dorme; Mao Fuma, Henricus Kissinger, ex; Bagnasco; Particolare da Andreotti; Chopin (installazione-partitura per 15 pianoforti).
Per gli anni ’80: Biografia di uno scarafaggio; Cancellatura candida; L’Ora italiana (installazione per 20 elementi); La Ciaccona; Johanna Juditha; Hans Bach; Fredda e senza schiuma. Per gli anni ’90 e opere recenti: Dittico Antonello Dio; Il Dio di Mozart; Nero Caravaggio; Competition is competition; Fosforo Phosphorus; Weltanschauung e Mantra siciliano per madonne toscane, installazione realizzata per l’occasione.
In occasione della mostra uscirà un catalogo con testi critici di Achille Bonito Oliva, Marco Bazzini, Andrea Cortellessa, Alberto Fiz ad accompagnare un’antologia di scritti dell’artista e un’antologia della critica.
Emilio Isgrò è nato a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina nel 1937. Dopo l’esordio letterario con la raccolta di versi Fiere del Sud (Schwarz 1956), si trasferisce a Milano dove attualmente vive e lavora. Si dedica alla Poesia visiva, nel doppio ruolo di teorizzatore e artista. Nel 1964 inizia la produzione delle Cancellature, esposte in gallerie e musei italiani e stranieri. Nel 1966 si tiene a Padova la sua prima personale presso la Galleria 1 + 1 di Padova. Nei due anni successivi espone alla Galleria Apollinaire di Milano; espone poi presso la Galleria Schwarz nel 1971, a La Bertesca di Genova nel 1973 e nel 1974 presso lo Studio G7 di Bologna, da Lia Rumma a Napoli e alla Galleria Blu di Milano. Nel 1977 vince il primo premio alla Biennale di San Paolo. Nel 1985 realizza a Milano l’installazione multimediale La veglia di Bach, commissionatagli dal Teatro alla Scala per l’Anno Europeo della Musica, mentre nel 1998 il Seme d’arancia viene installato a Barcellona di Sicilia. Negli anni 1972, 1978, 1986, 1993 viene invitato alla Biennale di Venezia. Dona alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma la grande scultura Le Tavole della Legge ovvero La Bibbia di vetro, che resterà esposta al pubblico nella collezione permanente della Galleria. Di rilievo è anche la sua attività di scrittore e uomo di teatro, consolidatasi con L’Orestea di Gibellina (1983/84/85) e con alcuni romanzi e libri di poesia, tra cui L’avventurosa vita di Emilio Isgrò (Il Formichiere, 1975), Marta de Rogatiis Johnson (Feltrinelli, 1977), Polifemo (Mondadori, 1989), L’asta delle ceneri (Camunia, 1994), Oratorio dei ladri (Mondadori, 1996) e, infine, Brindisi all’amico infame (Aragno, 2003), finalista al premio Viareggio e vincitore del premio San Pellegrino.
DICHIARO DI ESSERE EMILIO ISGRO’
A cura di: Marco Bazzini e Achille Bonito Oliva
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Viale della Repubblica, Prato
Dal 3 febbraio all'11 maggio 2008
Orario: tutti i giorni 10 – 19. Chiuso martedì e 1 Maggio
Ingresso: intero 5 € ridotto 4
Informazioni: tel. 0574 5317 www.centropecci.it
Fabrizio Del Bimbo

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