lunedì 17 marzo 2008

Una nuova mostra al VIANUOVA a Firenze

VIANUOVA arte contemporanea, in via del Porcellana 1/r a Firenze, presenta la quinta collettiva del ciclo di mostre, dal titolo LA DISTANZA è UNA FINZIONE, a cura di Lorenzo Bruni, aperta dal 18 marzo al 6 maggio 2008 con orario 16-20. La collettiva ha il titolo di LUOGHI PER EROI - ognuno è eroe a se stesso, e si interroga su chi oggi possa essere considerato come un eroe. La domanda di conseguenza diventa: qual è il gesto che distingue l'uno dai molti? Questa modalità di porre la questione fa parte però di una dimensione retorica o di una visione che ragiona per opposti, tipica del modello occidentale che ha già raggiunto il suo limite nel corso del '900. Oggi, in questa condizione, in cui ognuno può essere in contatto con tutti e tutto attraverso i mezzi di comunicazione ma presente a niente, il vero atto eroico non risiede nel compiere un'azione per dimostrare qualcosa rispetto alla natura o alla società, ma rispetto a se stessi. L'impresa, forse necessaria e difficile, sta nel prendere coscienza della propria condizione rispetto al contesto e agli altri. Dove sono rispetto agli altri? E gli altri rispetto a me? Proprio nell'equilibrio di questa equazione sta la riflessione espressa dalle opere in mostra. Tale movente però è affrontato da questi artisti al di fuori della visione intimista predominante nel corso degli anni 90, ma anche da una dimensione in cui si vuol esaltare come eroico "il marginale".Le mostra presenta per prima cosa alcuni contesti della "eroicità popolare". L'oggetto/scritta SANREMO '89 di Matteo Rubbi (Bergamo, 1980), che rimanda anche alla data epocale del crollo del muro di Berlino, punta l'attenzione sul festival che sancisce da sempre in Italia la popolarità dei partecipanti. L'altro è l'intervento di Dmitry Gutov (Mosca, 1960) in cui l'artista propone una struttura per esporre i manifesti politici in cui vi sono le foto di una lotta senza pubblico tra i genitori dell'artista che hanno accettato di sfidarsi nel gioco del calcio. Questi sono i due contesti, ovvero i luoghi per eroi anche se ormai svuotati di senso perché non più attuali e percepiti come parte di un passato remoto, che appaiono al primo sguardo avvolti da un alone di malinconia anche se carichi di un aura di prestigio. In realtà li possiamo considerare come dei veri e propri ready made di display culturali che mettono in evidenza il rapporto tra memoria dei riti collettivi, delle tappe personali con cui ripensare al proprio far parte di un dato contesto, e il modo in cui vi contribuisce. A partire da questo movente possono essere viste le opere di questi due artisti, ma anche i disegni di Marco Raparelli (Roma, 1975) e le opere di André Romão (Lisbona, 1984). In effetti loro due mettono in evidenza il soggetto, immaginato e sognante nel primo caso, e ripreso da stereotipi del passato nel secondo caso. Quello che contraddistingue le opere in mostra, così, è il loro mettere in evidenza la presenza cosciente, soddisfatta e interrogativa del soggetto, concentrando l'attenzione sulla modalità con cui osserva e reagisce alle cose in quel dato momento spazio temporale. Questo è evidente nell'intervento di Matteo Rubbi, che ci dà la possibilità di incrociare una persona qualsiasi mentre osserva intensamente un frammento della città forse troppe volte ignorato da noi, oppure con l'omino disegnato da Marco Raparelli, che rappresenta tutti i dimenticati senza sapere di esserlo e senza curarsene, o l'artista che assume su di sè il problema con il proprio passato culturale che dovrebbe essere riesaminato a livello collettivo di Dmitry Gutov, o i miti della protesta visti attraverso una appropriazione personale, concessa dal gesto del disegnare di André Romão.La mostra prosegue all'interno di Kartell, in cui i vari segni degli artisti si mimetizzeranno con il contesto del negozio di design dando nuovo senso anche al nostro stare lì.VIANUOVA arte contemporanea apre a Firenze con un approccio inedito per una galleria poiché punta a ripensare alle attuali modalità espositive e a riflettere sulla natura del contenitore d'arte e sul suo ruolo di mediazione con il pubblico. LA DISTANZA E' UNA FINZIONE è un ciclo di mostre che parte dalla riflessione sull'ipotetica eredità del moderno (codici, linguaggi, usi attuali, memorie), e su cosa intendiamo adesso per spazio pittorico. Tutte le mostre indagheranno le modalità che gli artisti usano, dalla fine anni novanta, per definire narrazioni e storie intime quanto condivisibili con lo spettatore, il quale sarà chiamato direttamente in causa dallo spazio/sensazione messo in atto dall'opera. Più che mostre a tema saranno mostre collettive che vogliono materializzare un'atmosfera e una sensazione ben precisa, più che mostre a tema, in cui ritrovare e stabilire con gesti minimi cosa è il mondo e come può manifestarsi in esso il singolo individuo (artista/spettatore). La prima mostra che ha inaugurato lo spazio di VIANUOVA arte contemporanea è stata prendendo misure con Ian Kiaer, Didier Courbout e T-Yong Chung. La mostra puntava a ripensare alla città come spazio fisico e concreto in cui stabilire delle relazione con l'altro e non solo come idea, miraggio, o spazio funzionale di attraversamento. La seconda mostra è stata invece coincidenze con Martin Creed, Nedko Solakov, Koo Jeong-A e Jacopo Miliani e mirava a creare una condizione di stupore più che la sua rappresentazione, tentando poi di stabilire un rapporto diretto con il momento della fruizione dell'opera e di alzare il normale livello di immaginazione dello spettatore rispetto agli oggetti quotidiani con cui ha sempre a che fare. La terza mostra dal titolo piani sospetti, invece, puntava a far riflettere gli artisti invitati sul concetto di autoritratto come ricognizione sui codici linguistici del gruppo culturale a cui il soggetto appartiene o dai quali proviene. Mark Manders, Carsten Nicolai, Mai-thu Perret, Federico Pietrella, Marcello Simeone puntavano a realizzare un ritratto collettivo. La quarta collettiva dal titolo Geografie ruotava attorno all'idea del viaggio. Le opere di Rossella Biscotti, Paolo Parisi, Cristian Jankowsky e Roman Ondak.

Fabrizio Del Bimbo

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