martedì 22 gennaio 2008

"Il calabrone Italia", un volume del Prof. Becattini

Per lungo tempo gli schemi dominanti hanno impedito di comprendere a fondo cosa stava accadendo nell’economia e nella società italiana del dopoguerra. Nel dibattito sullo sviluppo non vi era, infatti, spazio per la piccola impresa, che anche quando veniva vista, era considerata un fatto transitorio che, secondo gli studiosi, non poteva resistere negli anni se non fosse riuscita ad accrescere le proprie dimensioni.
Eppure, come il “calabrone” che secondo le leggi fisiche non potrebbe volare, i sistemi di piccola impresa hanno per lungo tempo rappresentato la parte più dinamica del sistema produttivo italiano. Non vi sarebbe stato lo sviluppo economico e sociale che vi è stato, se non vi fosse stato lo spirito di impresa diffuso nelle tante comunità locali presenti nel paese, e non avesse dato vita a sistemi di piccola impresa in grado di operare con successo sui grandi mercati internazionali: in altre parole, i distretti industriali colti dagli studi di Becattini a partire dai quali si è poi innestata una parte importante degli studi economici che si sono sviluppati nel paese.
Il 21 gennaio insieme all’autore, al prof. Marco Dardi dell’Università di Firenze e al dirigente IRPET, Stefano Casini Benvenuti, ed al presidente della Cassa di Risparmio di Firenze Benedetti che ha ospitato l’evento a Palazzo Incontri, gli scritti del prof. Becattini sull’argomento sono stati riletti alla luce della attuale fase attraversata dall’economia italiana.
La lettura è quanto mai attuale poiché, come nel passato si è ignorato il ruolo dei sistemi di piccola impresa nello spiegare lo sviluppo, oggi si tende ad attribuire agli stessi la responsabilità del presunto declino dell’economia italiana, seguendo la tesi secondo la tesi che le PMI non hanno risorse per fronteggiare due dei principali fattori strategici della competitività in questa fase: innovazione e internazionalizzazione.
Dunque, secondo queste analisi, il “calabrone Italia” oggi non sarebbe più in grado di volare.

Effettivamente nell’ultimo decennio -e in modo ancora più evidente dal 2000 al 2005- tutti gli indicatori mostrano un preoccupante rallentamento della crescita italiana, visto che pochi paesi fanno peggio dell’Italia e costante è la caduta della produzione industriale e delle esportazioni. Molte piccole imprese muoiono, le esportazioni si concentrano nelle grandi imprese, così come le spese in R&S.
Bastano queste considerazioni a sostenere l’ipotesi di un declino attribuibile al comportamento delle PMI?
L’opinione dell’IRPET è che molti di questi giudizi siano frettolosi e superficiali. Frettoloso perché è chiaro che negli ultimi dieci anni molte cose sono cambiate nello scenario esogeno e che il tempo trascorso sia ancora troppo breve per capire se effettivamente il calabrone abbia smesso di volare o semplicemente stia cercando di orientarsi nel nuovo contesto.
Il nuovo contesto è fatto da alcuni grandi cambiamenti intervenuti gradualmente nello scenario mondiale (caduta del muro, nuovi concorrenti, crescente clima di insicurezza con conseguenze sul comportamento dei consumatori) e nazionale (ingresso nell’euro, fine della prima repubblica che vuol dire fine delle politiche basate sulla svalutazione e sulla espansione incontrollata della spesa pubblica).
Questi cambiamenti strutturali hanno disegnato uno scenario diverso all’interno del quale gli operatori sono stati costretti a muoversi, talvolta rinunciando a continuare la loro attività, altre volte trasformandola. Nuovi imprenditori hanno sostituito i vecchi e in tal modo il sistema si è rinnovato sotto il profilo dei beni prodotti, dei modi di produrli, ecc.
Certo, complessivamente ciò ha condotto ad un ridimensionamento del nostro apparato produttivo, per cui è giusto oggi nutrire preoccupazioni circa la possibilità del nostro sistema di recuperare il terreno perso, ma sarebbe un errore grave interpretare questo rallentamento della crescita solo come la conseguenza del venir meno della forza propulsiva del modello di piccola impresa ed impostare, di conseguenza, la politica economica solo sul fronte del rafforzamento dimensionale.

Fabrizio Del Bimbo

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